Era un caldo pomeriggio di un Giugno caduto a Maggio, la fine di quel secondo trimestre stringeva, e l’ansia era più alta del solito, visto quell’incertezza metereologica persistente, o almeno da una certa latitudine in su.
Durante la riunione di team, il vicepresidente, con quel sorriso smagliante e impudente, disse: “AGGIUNGIAMO UN ALTRO MILIONE di € alle previsioni sull’anno solare”. E dopo essersi alzato battendo le mani continuò: “Possiamo farcela! Io credo in voi! Facciamolo!”.
Prologo: il nostro responsabile della supply chain aveva appena comunicato che il nostro ultimo prodotto stava vendendo più rapidamente di quanto riuscissimo a produrlo, e che uno stabilimento avrebbe chiuso a breve per manutenzione programmata.
Eravamo tutti increduli, mentre vedevamo il vicepresidente ignorare l’ingorda realtà, e spingere il team con l’ottimismo di quando al bar decidi il primo drink fresco all’aperitivo di quella stessa giornata di Giugno.
Noi tutti stavamo già marcendo dentro, pensando ai matrimoni rovinati da quella missione.
Ciao amici, siamo Emanuele (colui che si sposa) e Michele (colui invitato che vestira un completo verde pisello). Questa è Entusiasmo Radicale, la newsletter con i disclaimer per i manager yoga moderni con profilo tantrico razionale. E oggi parliamo di disonestà positiva e lavoro.
Nel 2008 una autorevole ricercatrice di nome Nina Mazar pubblicò un paper dal titolo assai intrigante “La disonestà delle persone oneste“.
La ricercatrice voleva dimostrare che anche le persone oneste, in alcuni particolari contesti, rischiano di diventare (dis)oneste. Mazar proponeva e testava nella sua ricerca la teoria della cosiddetta “manutenzione del concetto-di-se“. Mazar affermava che le persone, in generale, possono comportarsi in maniera disonesta, beneficiando di premi esterni ed interni e di un contesto favorevole, e mantenere al contempo una visione positiva di se stessi nel senso che continuano a percepirsi come individui onesti.
Lo stotting
La gazzella di Thompson, quando avvista un Ghepardo seminascosto nell’erba alta, compie dei balzi in verticale, tirando calci all’aria.
Si chiama “Stotting”, ed è un’ostentazione pirotecnica a dimostrazione di ottima forma fisica. A noi ricorda simpaticamente i “palestrati” old school che si guardavano allo specchio per un tempo di gran lunga maggiore rispetto all’allenamento vero e proprio. Adesso guardano il telefono, ma questa è un’altra newsletter.
Questo comportamento, lo Stotting, che può sembrare controintuitivo, serve a dimostrare al predatore che lei (la Gazzella) è in ottima forma e difficile da catturare, scoraggiando il predatore e aumentando quindi le sue possibilità di sopravvivenza.
Lo stotting è il disclaimer con cui la Gazzella mette in guardia il Ghepardo dei costi alti che dovrà sostenere durante la caccia, scoraggiandolo.
Si tratta di una strategia win-win, poiché tutti gli attori in gioco traggono vantaggio nel ricevere informazioni veritiere. La Gazzella forse non muore, il Ghepardo sa di doversela guadagnare se la vuole.
Questo è ciò che ci aspettavamo dal vicepresidente quel caldo giorno di Giugno: un'informazione chiara e veritiera, mirata a un vantaggio reciproco.
Tuttavia, all'interno di una dinamica competitiva, una comunicazione disonesta conferisce certamente un vantaggio a chi la emette, a evidente discapito di chi la riceve.
Diversi animali per esempio, esibiscono colori vistosi (di tinte rosse, gialle e nere) per indicare la propria pericolosità o tossicità. La colorazione aposematica agisce da segnale onesto rivolto ad eventuali predatori e competitori che ne riconoscono il significato di allarme. E i nostri manager?
Poiché il messaggio funziona, un imitatore “innocuo” può riprodurre lo stesso segnale e apparire pericoloso anche se non lo è. Ha luogo la comparsa dei “falsari”, animali-copia difficilmente riconoscibili agli occhi dei nemici rispetto alla versione originale. Chiudi gli occhi al nostro tre e prova a focalizzare il FALSARIO della tua azienda, che copia qualcuno con alte doti manageriali, facendo inevitabilmente danni… uno, due, tre…
Piccolo video di Michele ed Emanuele che mentono al dietologo durante la preparazione pre-matrimonio.
Gli animali non mentono
Gli animali non mentono, gli esseri umani sì. Mentre gli animali si limitano ad "alterare" la percezione, noi manipoliamo direttamente l'informazione attraverso la nostra corsia preferenziale: la parola.
Uno studio sui bambini ha evidenziato come la percentuale di bugiardi esploda dal 30% al 80% tra i 3 e i 4 anni. Se da piccoli la menzogna è una tappa evolutiva corretta, come fuga nell’immaginario da parte del bambino, e conseguenza dell’alta complessità cognitiva e sociale dell’essere umano. Successivamente è un fardello culturale, etico e morale.
Pian piano si diventa adulti, e le bugie aumentano, la Prof.ssa Alessandra Graziottin qui parlava di BIL (Balle Interne Lorde) Italiano. In uno studio il 45% degli uomini italiani confessa di dire bugie abitualmente, soprattutto quelle “piccole e veniali”, per vivere meglio la propria vita quotidiana. Bugie più o meno di continuo, su tutto e con tutti. A volte mentiamo durante i colloqui di lavoro, con i nostri genitori, con i nostri amici senza neanche accorgercene.
Siamo tutti bugiardi, o comunque il circa 50% di noi. E soprattutto quelli che sentono di dire sempre la verità, dicono sempre la verità?
Kevin Mitnick spiega che per rubare una carta di credito non è necessario forzare firewall e sistemi di sicurezza, basta usare l'ingegneria sociale .
“Usando le mie vulnerabilità, è facile manipolarmi, sedurmi e conquistare la mia fiducia fino a farmi fornire volontariamente una password o un numero di telefono.”
Meta rappresentazioni per meta direttori.
Allo stesso modo il “Visconte Cobram” nel magico mondo di “Fantozzi contro tutti”, il Mega-Direttore Galattico, che batte sulle nostre spalle con il sorriso spianato calabro, chiedendo sacrifici votati ad obiettivi inarrivabili, è una palese falsificazione della nostra realtà lavorativa.
Una truffa non è solo una contraffazione visiva o uditiva; ciò che il truffatore manipola è il nostro modo di rappresentare la realtà, eseguendo un'operazione di hacking mentale su di noi. Qui la percezione modifica la realtà facendola sembra reale. Venditori astuti, manager e politici conoscono bene questa dinamica di pensiero.
Il linguaggio è un potente strumento generativo, ricorsivo e a basso costo, ci permette quindi di costruire bugie o subirle e instillare false credenze negli altri. Di conseguenza, i miei inganni non sono quasi mai legati alla sola percezione, ma alla manipolazione dei fatti che diventano meta rappresentazioni.
Questo è solo uno dei tanti esempi di come il nostro leader pratica una "positività tossica", dove l'ottimismo forzato diventa una tattica per evitare di affrontare problemi reali.
Sì, sì e ancora sì
Abbiamo visto leader onesti circondarsi di persone che dicono sempre sì, ignorando le difficoltà reali anche a se stessi. Li abbiamo visti usare lodi eccessive manipolando inconsapevolmente gli altri, oltre se stessi. Abbiamo avuto capi che si aspettavano che fossimo sempre felici, ignorando le nostre e le vostre vere emozioni e difficoltà.
Un buon leader deve avere gente che dice NO, NO e ancora NO, fornendo dati e rappresentazioni reali dei fatti. Un buon leader dovrebbe bilanciare l'ottimismo con il realismo, ascoltare attivamente e fornire supporto reale.
Giusto 2 cose, 2 bignè con la crema e 33 autobotti per ricordarci quanto sia importante essere razionali nelle scelte che prendiamo e in quello che diciamo. Dobbiamo essere critici quanto paranoici con noi stessi, mettendo in dubbio quello che dicono i leader davanti noi. Allenare un pensiero critico che schiaccia la disonestà positiva e ci evita di scivolare nella bugia, che altera la percezione e diventa manipolazione della realtà verso l’esterno.
Buon inizio estate dai vostri animali apossemici preferiti:
Emanuele Caccamo e Michele Vaccarotto
PS: metteteci un cuore e se volete ascoltate qui…