Ogni momento decisionale, di brainstorming o meglio ancora di problem solving, inizia con disorientamento e confusione, poi nascono direzioni sempre più chiare e infine quella frase, quella parola… si accende la luce, genio! In quel momento di catarsi, tutta l'attenzione delle persone si sposta sul trasporto della risposta, senza pensare alla potenza della domanda.
Siamo una società affamata di risposte, le migliori, le veloci, le pronte. Senza pensare che sono le domande che ci risolvono il mistero, ci fanno uscire dal casino e ci fanno mettere in discussione. Oggi abbiamo qualche risposta in più, sulle domande da porci.
Ciao!
Questa è Entusiasmo Radicale, la newsletter di retorica persuasiva che ti parla di crescita personale, dentro il nostro flow quotidiano, fatto di domande senza domande. Quante persone vogliono risposte da te ogni singolo santo giorno? Ma se tutti vogliamo risposte geniali, chi fa le domande geniali?
Con oggi abbiamo capito che:
Più domande fai più ti sentirai scem@.
Gigi Marzullo sa cose che noi tutti non sappiamo.
Fare domande non è un’arte ma una competenza.
Se vuoi essere licenziat@ (e prendere la naspi) fai tante domande.
Dalle domande all’interrogatorio è un attimo.
Il lavoro più importante e difficile non è mai trovare le risposte giuste, è trovare le domande giuste. Peter Drucker
Se sei nuov@ da queste parti, sappi che questa newsletter arriva ad altre 1000 persone belle come te. Qui dentro l’unica cosa che sappiamo davvero è che sappiamo di non sapere. Per beata ignoranza e supporto iscriviti.
Meno domande
Tra i 2 e i 5 anni, i bambini fanno circa 40.000 domande. In questo periodo, le domande passano dal chiedere fatti al cercare spiegazioni. Dai 20 ai 50 anni si scende a 10.000 domande, in questo periodo le domande passano e basta… In mezzo ci si mettono “infrastrutture” gerarchiche culturali, che uccidono la creatività a favore dell’efficienza e produttività, e scambiano la curiosità con la fantascienza delle risposte pronte.
Ancora meno domande
Essere un bambino ben educato generalmente significa non discutere con l’insegnante, anche quando questi è in qualche modo nel torto. Quando diventiamo adulti, sul luogo di lavoro, è la stessa cosa. Zitti e avanti! Facciamo quello che ci viene detto e stiamo alle regole del gioco, anche quando queste regole sono ingiuste e coloro che le stabiliscono sono male organizzati oppure oppositivi.
Ci conformiamo si, questa è la triste verità, perché se non lo facciamo il prezzo da pagare è spesso alto. Troppe “battaglie” costano morti e a volte in prima linea ci siamo noi.
Almeno 1 domanda dovremmo sempre farcela
Ti prenderesti questo rischio di discutere per cambiare le cose in meglio? Sfideresti lo status quo? Questo dipende dal tuo obiettivo. E qual’è il tuo obiettivo? Crescere? Far passare il tempo di un lavoro della quale non te frega un? Comprendere per cosa corri tu e per cosa corrono le persone è importante, anzi è l’unica cosa importante per chiunque ha a che fare con team in accompagnamento. Per cosa corrono le persone che guidi? Ecco come scegliere le battaglie da combattere.
Sempre più risposte pronte
Google, i Social, ChatGPT, non sono persone ma sono i nostri nuovi stagisti, “risponditori” per eccellenza, non fanno altro che dare risposte, sempre più precise, sempre più veloci e congeniali alle nostre domande, spesso anche su domande che neanche ci siamo fatti. Ma più la loro capacità di rispondere migliora, più è importante acquisire intelligenza nelle domande.
Non ho tempo, non hai tempo, ma chi ha tempo? “Tutto e subito” è un verbo veloce e sempre più efficiente, ecco perché abbiamo perso il bello della riflessione attenta prima di prendere una scelta… E appena esce il sole rosso fuoco in fondo al mare, foto! La società moderna consegna risposte stupide su tutti i canali di comunicazione. E le domande intelligenti? Foto!
Dunque ci siamo chiesti: cosa occorre per stimolare domande intelligenti?
Risposta 1 - Domande nel posto giusto
Amy Edmonson, autrice di The Fearless Organization, parla di spazi sicuri. Nelle sue ricerche sulle dinamiche di gruppo evidenzia che la chiave per avere “safe space” è avere la certezza che quel gruppo di persone non ti metterà in imbarazzo, non respingerà né punirà qualcuno per aver espresso la propria opinione. Le sue scoperte l’hanno portata a elaborare il concetto di sicurezza psicologica di gruppo, “la convinzione, condivisa dai membri di un gruppo, che il gruppo stesso sia un luogo sicuro per prendersi dei rischi a livello interpersonale”.
La tua azienda o il tuo gruppo di lavoro sono abbastanza sicuri?
Albert Einstein diceva che non puoi risolvere un problema con lo stesso tipo di pensiero che hai usato per crearlo. Se un ambiente non è sicuro, non basta chiedere più apertura: servono nuove modalità di dialogo, feedback e leadership. Per cambiare un ambiente (azienda o team) tossico bisogna “spostare” i team dal contesto solito per contesti più stimolanti e quindi “safe”.
Ma occhio, che creare un ambiente sicuro non significa evitare il conflitto o proteggere le persone da ogni disagio, ma garantire che possano parlare apertamente senza paura di ripercussioni. Litigare fa bene se è costruttivo, questo lo diciamo noi, pertanto credici ma non troppo.
Risposta 2 - Domande attentamente stupide
Sir Ken Robinson diceva che se non sei pronto a sbagliare, non avrai mai idee originali. Come al solito, e se ci leggi da secoli lo sai… arriviamo al momento dove per fare bene qualcosa devi metterci una certa dose di sbattertene di quello che pensano gli altri.
sbattertene di quello che pensano gli altri. sbattertene di quello che pensano gli altri. sbattertene di quello che pensano gli altri. sbattertene di quello che pensano gli altri. sbattertene di quello che pensano gli altri. sbattertene di quello che pensano gli altri. sbattertene di quello che pensano gli altri. sbattertene di quello che pensano gli altri.
Il coraggio di dire cose “sbagliate” si collega a quel concetto della cultura del “zitti e avanti”. Se avremo la paura di mostrarci ignoranti, ed essere classificati come fastidiosi nei confronti degli ambienti, in altre parole, se non cerchiamo mai la provocazione, non vedremo mai un problema da una nuova prospettiva.
C’è qualcosa di personale? Non c’è mai nulla di personale in un posto di lavoro.
Insomma, perché le domande giuste vengano a galla, dobbiamo sentirci più spesso in errore, anzi stupidi di fare la stessa domanda. Hai presente quei 3 secondi di abbaglio dove il tuo grillo dice: “tutti penseranno che sei stupido se la farai?” Quello…
Falla e basta, Tim Brown (leggiti se hai voglia il libro che ha scritto sul design thinking) diceva: “Il segreto della creatività è fare domande da principianti, anche quando sei un esperto.” Clayton Christensen (altro libro pesantino ma figo “Il dilemma dell'innovatore”) ha evidenziato come le aziende di successo spesso falliscono perché smettono di porsi domande fondamentali, domande stupide.
Risposta 3 - Domande Potenti
Brené Brown, in diversi momenti, spiega che il vero coraggio non sta nel sapere tutte le risposte, ma nell’avere il coraggio di fare domande scomode che aprono conversazioni difficili ma fondamentali.
Quando trattiamo questo argomento in azienda, abbiamo una slide che dice: la potenza della domanda si misura nella lunghezza del silenzio che la succede.
Più c’è silenzio e freddura nella stanza, più hai colpito forte.
Dalle domande all’interrogatorio è un attimo. Per questo i migliori esperti di negoziazione consigliano meno domande ma buone. Le domande che iniziano con “Come”, “Cosa”, “Dove” o “Quando”sono le più potenti, poiché evitano di focalizzarsi su problemi passati e spingono la persona a riflettere su soluzioni future.
Le domande che iniziano con “perché” tendono ad essere troppo concentrate sul problema, risultano analitiche quanto indagatorie e tengono l’attenzione sul passato. Questo può creare una reazione difensiva e di chiusura. E noi vogliamo persone aperte e disposte al dialogo vero.
Qualche esempio lampante:
Domanda sul team → “Cosa stiamo fingendo di non sapere?” – (consigliata da Brené Brown)
Quando sei in disaccordo con qualcuno, e stai per accendere un esplosivo al plastico per far saltare tutta l’azienda → “Su cosa siamo d’accordo?
Stimolare l’immaginazione → Inizia la domanda con: “E se…?” Consigliato da Warren Berger nel libro “A More Beautiful Question”.
I fondatori di Google chiedono sempre: “Perché dovrebbe essere così?”
Risolvere problemi → Inizia la domanda “Come potremmo…?”
Cosa vogliamo risolvere? Ribadire l’obiettivo rifocalizza l’argomento
“Se il fallimento non fosse un problema, cosa proverei?” BOOOOOM
Facciamoci domande, facciamogli domande, perché se le persone pensano di poterci annientare, hanno sbagliato di grosso. Se le persone pensano alle risposte, noi penseremo alle domande in posti sicuri, attentamente stupide e dannatamente potenti.
Alla prossima,
Emanuele & Michele
Sono Emanuele Caccamo, un quadrupede account manager. Alle elementari la maestra mi picchiava. Sono un coach, ho avuto esperienze come Founder, Head of, Project Manager, advisor farmaceutico, cambio gomme, taglio del pane, conta persone. Sisma Tumbao è il mio progetto artistico tropicale. Entusiasmo Radicale è il mio spirito immorale che si rivoltella nella realtà quotidiana.
Sono Michele Vaccarotto, account manager alla vecchia maniera. Troppo povero per credere nella sfortuna e troppo fortunato per lamentarsi della vita. Project Manager, Founder, Amante Appassionato, bassista ora dj per passione, spendo tutti i soldi che ho in hifi e vinile. Entusiasmo Radicale è la mia speranza in un mondo migliore.
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come vi sentireste se un affezionato lettore vi ricordasse che "qual è" si scrive senza apostrofo? Ora vado a pensare a domande più "stupide" per la prossima call, e resto in attesa della vostra prossima boccata d'aria pura. grazie come sempre. Riccardo