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Voglio dire, mettiamola cosĂŹ: voi immaginate che niente abbia un senso, ma non puĂČ essere che tutto sia cosĂŹ, perchĂ© vi rendete conto che non ha senso e questa vostra consapevolezza gli dĂ quasi un senso. Avete capito quello che intendo? Un pessimismo ottimistico.
Scrittura veloce, sincopata, feroce, corrosiva. Charles Bukowski era lâautentica incarnazione del âfaccio quello che mi pare quando mi pare".
Un uomo schifoso come pochi, un autore viscido come nessunâaltro. Dopo essersi ubriacato, dopo aver scommesso ai cavalli, si metteva davanti alla macchina da scrivere e pestava sui tasti facendo sgorgare parole come sassi di strada di Los Angeles.
Con un linguaggio diretto, schietto e dissacrante, raccontava la difficile vita della classe operaia statunitense degli anni 70 e 80. Senza nasconderlo, menzionava, in ogni frase, una societĂ senza freni inibitori morali, superficiale e ingorda verso la lussuria e lâeccentricitĂ sessuale. ChissĂ cosa direbbe della societĂ di oggi.
Al netto della componente umana, volutamente distorta, il modello di uomo Bukowskiano sceglie il proprio destino e lo affronta con forza, con le conseguenze che ne derivano. Come puĂČ non piacerci?
Ciao, siamo Emanuele Caccamo e Michele Vaccarotto, questa Ăš Entusiasmo Radicale, la nostra antieroica sfida editoriale giĂ persa in partenza. Come diceva Charles: ci accontentavamo di poco, ma quel poco non riuscivamo ad averlo. Una bella merda.
No Leaders Please Ăš una meravigliosa poesia che parla di leader e come difendersi da questâultimi, giĂ , ovviamente da quelli che non hanno a cuore i nostri migliori interessi e cercano solo di raggiungere i propri obiettivi. Insomma un potente promemoria per rimanere spirito libero e non farsi fregare dalla leadership degli altri. Maurizio Cuzzeri di kintsugimental la racconta benissimo.
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Cosa le porto? Il solito Hamburger al sangue freddo, grazie!
Nello squallido scenario quotidiano risolviamo problemi su soffritto di drammi, spegniamo fuochi e troviamo soluzioni concrete e veloci. Errori di processi, errori umani, urgenze come operazioni a cuore aperto, anche se in quei momenti il ânon morirĂ nessunoâ non conta abbastanza, anzi non conta un cazzo...
Qui Ăš bene chiarire che esistono 2 fondamentali tipologie di Manager: gli "identificatori di problemi" e i "risolutori di problemi". Tu chi sei?
La differenza Ăš giĂ chiara. La scelta di Bukowski anche, una corsa perdente ai cavalli pure. Se un CEO puĂČ impugnare procure formali e deleghe, la notizia terribile Ăš che un middle manager deve giocare con entrambe queste due caratteristiche.
Come al solito quindi, siamo Hamburger, al sangue, freddi, tristi e dentro un panino molto caldo.
Da dove iniziare per mangiarlo?
LâHamburger di cui stiamo parlando Ăš gigante ma va affrontato a piccoli morsi, per sapere in che direzione lavorare dobbiamo sapere prima quale aspetto prevale in noi. Per esempio, quando si presenta un problema, ti fermi e ti dedichi allâanalisi o lo identifichi sinteticamente e cerchi una soluzione immediata? CosĂŹ dice Giuseppe AndĂČ che qui ci consiglia qualche strada per diventare dei buoni executive coach che risolvono problemi.
In una cultura manageriale sbilanciata verso i processi, uno dei cambiamenti epocali che le aziende stanno affrontando al giorno dâoggi Ăš lo spostamento del focus dai processi alle persone. Empowerment, mentoring e coaching sono certamente le componenti che non possono piĂč mancare in quello squallido scenario quotidiano.
Manager Digitali in Corriera đ.
Oltre a messaggi come: âsembrate chatGPT ubriacaâŠâ, nelle scorse uscite qualcuno di voi ci ha chiesto dove prendiamo spunti e informazioni.
Ti lasciamo un paio di riferimenti caldi per manager Bukowskiani.
đ www.corporate-rebels.com â Gente che ha lasciato il lavoro per partire e visitare manager e leader di tutto il mondo. Da seguirli in tutto.
đ www.leadandread.it â Recensioni di cose miste come saggi e progetti editoriali.
đ www.itsnicethat.com â Per la creativitĂ rigenerativa. Da quando abbiamo perso ChatGPT Ăš meglio tornare a stimolarsi la creativitĂ . (questione complessa ben razionalizzata da Giorgio Taverniti)
Se ne hai altre da mettere in comune per tutti fallo commentando e sarĂ figo.
Il muro del pianto
Quello che vedi sotto invece Ăš il nostro muro del pianto (nel senso che non avevamo neanche i post it per piangere đ€Ł). Addosso a questo muro stiamo incollando lâordine⊠dove lâordine Ăš morto molto prima di nascere. Un libro o qualcosa di simile nascerĂ presto e sarĂ sicuramente confuso, scritto male e pieno zeppo di romanticismo sarcastico. Promesso!

Chiedi alla Polvere
Bello il romanticismo da manager primaverile, ma in unâepoca dove lo stress sulla performance si Ăš fatto sempre piĂč marcato, lâerrore - quello che genera il dramma da risolvere - viene considerato come un grave ostacolo e un ritardo per il raggiungimento dellâobiettivo. Abbiamo chiesto a Eva Martini, la nostra Eva Martini, di parlarci dellâerrore e come lo si vive male. Lei ci ha risposto cosĂŹ:
In Italia, la paura dell'errore Ăš ancora radicata, figlia di unâeducazione basata sulla penna rossa della maestra che evidenziava ciĂČ che non sapevamo, piĂč che quello che avevamo scritto correttamente. Il voto spesso veniva (viene?) calcolato partendo da 10 e sottraendo punti in base agli errori: hai preso 7 perchĂ© hai fatto tre errori (e non sette cose giuste). Â
Le neuroscienze ci stanno insegnando come l'errore sia un processo necessario per lâapprendimento, poichĂ© - quando si sbaglia - il cervello reagisce producendo una serie di reazioni chimiche, che aiutano a elaborare le informazioni. Ad esempio, la dopamina viene rilasciata quando si impara da un errore, incoraggiando cosĂŹ il cervello a imparare e a ricordare la lezione.Â
Il nostro cervello Ăš progettato per imparare dai nostri errori, necessari per migliorare la nostra capacitĂ di risolvere problemi, ma nelle aziende spesso si punisce lâerrore (e chi lâha commesso), costruendo di fatto una barriera alta che blocca lâinnovazione e il problem solving.Â
La paura dell'errore e delle sue conseguenze, sono descritte perfettamente da Amy Edmondson, autrice del libro âOrganizzazioni senza pauraâ. Nella sua ricerca per capire il segreto dei gruppi piĂč performanti, la Edmondson osservĂČ diverse squadre di infermieri, settore nel quale - capite bene - lâerrore costa un po' piĂč della perdita di qualche follower. I risultati la sorpresero moltissimo: i team piĂč performanti facevano molti piĂč errori degli altri.Â
Come era possibile? Semplicemente, i membri di quei team sentivano di poter dichiarare apertamente al proprio team di aver sbagliato, per poter trovare insieme una soluzione e mettere in campo azioni concrete per non ripeterlo piĂč. E i team meno performanti? Erano quelli che nascondevano la polvere sotto il tappeto, non dichiarando gli errori (ma avendo come risultato che i pazienti cadevano come mosche).Â
Oggi la chiameremo Sicurezza Psicologica, il fattore che anche Google nel suo Progetto Aristotele ha identificato come quello che rende un team davvero performante. Charles Duhigg, sul New York Times, Â parla cosĂŹ del Progetto Aristotele, stupendo :
CiĂČ che il Progetto Aristotele ha insegnato alle persone allâinterno di Google Ăš che nessuno vuole mettere una âfaccia da lavoroâ quando arrivano in ufficio. Nessuno vuole lasciare a casa parte della propria personalitĂ e vita interiore. Ma per essere pienamente presenti al lavoro, per sentirci âpsicologicamente sicuriâ, dobbiamo sapere che possiamo essere abbastanza liberi, a volte, per condividere le cose che ci spaventano senza paura delle recriminazioni. Dobbiamo essere in grado di parlare di ciĂČ che Ăš disordinato o triste, di avere conversazioni difficili con i colleghi che ci stanno facendo impazzire.
Noi abbiamo deciso che impariamo da Homer, sbaglia spesso, sbaglia in fretta.
Non sono un guru o un leader di nessun tipo. Non sono il genere di uomo che cerca una soluzione in Dio o nella politica. Se qualcun altro vuole farsi avanti e fare il lavoro sporco e creare un mondo migliore per tutti noi ed Ăš in grado di farlo, ben venga. Charles Bukowski
â€ïž
Alla prossima
Emanuele & Michele