Managers, ciao! Siamo Emanuele Caccamo e Michele Vaccarotto e questa è Entusiasmo Radicale, la neuroletters per manager nella coffee zone, uno stato mentale che se continui a seguirci lo hai tutto, fidati!
Nella coffee zone ci trovi i tuoi occhi selvaggi che ogni giorno “spostano” energie da una parte all’altra, risolvono problemi e snelliscono conversazioni drammaturgiche stile fin di vita (o almeno fino al tuo intervento, dopo che hai risolto dicono che era una cazzata nulla di grave).
Questi occhi, i tuoi, sorridono e adattano il dress code per ogni occasione fino a sera, dove ormai stanchi, si rilassano e si spogliano di ogni emozione per riempirsi di amore o talvolta di lucido con pensieri instabili, abnormi.
Dura la vita del manager digitale
In questo inferno dantesco, luogo della miseria morale sott’aceto con l’umanità decaduta, tenere un battito cardiaco lento nel lavoro e un sorriso limpido nella vita è sempre più complicato, forse lo è sempre stato ma non fregava niente a nessuno di questi umani con il pelo nel cuore, adesso invece siamo nell’epoca della massima “attenzione alle persone”, eppure non si spiega come 7 italiani su 10 siano furiosamente insoddisfatti del proprio lavoro.
Lo avrai capito che oggi si parlerà di lavoro | blocchi interstellari | paure lavorative | licenziati subito ricorda che chi nasce tondo tondo rimane | chimica | zone a profusione | dress code | lacrime | forfora di cammello | gabbie non per uccelli.
🌍 OsservaZone
Un pezzo in tempi non sospetti di Osvaldo Danzi che dice più o meno: “Il vero capo si vede dalla pausa ma soprattutto da quello che discute durante la pausa caffé”.
Qual’è la durata corretta di un meeting? Donna McGeorge ha un’idea precisa e nel suo libro e la chiarisce nel titolo: Half the Time, Double the Impact. Dimezzare il tempo di una call è possibile considerando soprattutto che spesso il canale call si potrebbe evitare ricalibrando le stesse informazioni su altri canali come le e-mail o Slack. Oppure coinvolgendo meno persone e condividendo i to do a fine call. Insomma si può fare dai. Da oggi call di mezz’ora deciso 👋
Se 7 italiani su 10 sono insoddisfatti del proprio lavoro, tu, sei dentro i 7 incazzati o i 3 contenti? Non è sempre facile capirlo e poi come le varianti di caffè su tazza grande macchiato con forfora di cammello, anche qui, ci saranno le zone grigie. Le zone grigie amano gli italiani e viceversa, una formula che racchiude un paese intero. Pare ci siano 4 grandi zone grigie (quadranti energetici) che caratterizzano il nostro universo lavorativo: zona alto di rendimento, zona di sopravvivenza, zona di burnout, zona di rinnovamento. Ne abbiamo parlato qui.
“La gente dimenticherà quello che hai detto, la gente dimenticherà quello che hai fatto, ma la gente non dimenticherà mai come l'hai fatta sentire".
Maya Angelou
🌰 #escilo questo blocco!
Quiet quitting, great resignation, hustle culture, pull outing, sleep working e coffee zone sono tutti fenomeni in parte veri ma tutti figli dello stesso problema. AAA Cercasi un nuovo patto tra aziende e lavoratori.
Insomma noi, tu, il tuo collega seduto a sinistra e anche quella in call in alto a destra, a quanto pare siamo insoddisfatti e mai rimborsati del nostro lavoro, ma a questo punto la domanda sorge spartana: Si può essere felici sul lavoro?
L’argomento è complicato e lo abbiamo sfacciatamente sbolognato a Eva Martini, la nostra nuova partner in crime ❤ per questo filantropico viaggio viscerale. Eva é una ACC coach, Agile HR Certified e Chief Happiness Officer. Insomma sa un sacco di cose…
Di seguito le sue parole:
Ciao Managers, sono Eva, mi occupo di persone e felicità nei luoghi di lavoro, sono un po’ nerd e il mondo digitale mi piace assai! Felice di aggregarmi a questa banda di Entusiasti Radicali e di portare il mio punto di vista su questo e altri argomenti.
“Sono bloccat*, non riesco a trovare una soluzione”
Alzi la mano chi non si è mai sentit* così. Ma davvero non c’è soluzione o siamo noi - da quella posizione - a non vederla? Per capirlo, un primo passaggio che possiamo fare è distinguere tra vincolo, ostacolo o gabbia.
Un vincolo è qualcosa che è così, punto e basta. Nel life design viene definito gravity problem, un problema di gravità. La gravità (sulla Terra) esiste, non ci puoi fare niente, quando lanci un oggetto in aria, questo ripiomberà al suolo senza che tu possa farci nulla. Inutile quindi perdere tempo ed energie a rimuginarci sopra, poiché è una condizione non modificabile, un vincolo appunto.
Ad esempio, se l’azienda per la quale vorrei lavorare si trova a New York, ma io non posso andare a vivere negli USA e loro non cercano remote worker, inutile perderci il sonno o gridare all’ingiustizia, al momento questo è un vincolo.
Un ostacolo invece è una situazione che in qualche modo può essere aggirata, modificata, superata. E’ un aspetto che meriterà di essere analizzato e studiato, per trovare la soluzione più efficace. Sarà funzionale quindi investirci tempo ed energie, perché in questo caso possiamo trovare il bandolo della matassa. Se ad esempio per il ruolo per cui voglio concorrere è richiesto un inglese fluente, ma io ancora non sono a quel livello, avrò moltissime possibili soluzioni per migliorare: sarà mio compito capire quale sia quella più adatta a me.
Le gabbie, invece, ce le costruiamo noi. Talvolta le facciamo così belle, da farle apparire quasi reali, come un dato di fatto, un vincolo. E invece no. È tutta farina del nostro sacco, che però con il tempo si è così solidificata da apparire cemento. Sono quelle convinzioni che sono così solide che manco ci fanno provare, ché tanto… lo so già come va a finire. Io non sono portata per le lingue, ti pare che a quarant’anni divento fluent in “inglisc”, forse forse in dialetto, … e via così! Per cui quel CV non lo mando, quella persona non la chiamo, quell’aumento non lo chiedo, perché “non sono in grado, non sono portata, non sono abbastanza per…”.
Le gabbie sono convinzioni che ci fanno anche diventare veggenti, sappiamo in anticipo cosa potrebbe succedere, come potrebbe reagire l’altro, cosa potremmo rischiare e per questo ci bloccano.
Perché sono così subdole? Perché generalmente ce le costruiamo proprio benino, a nostra immagine e somiglianza, quindi per noi è davvero difficile distinguere tra quelle e i fatti oggettivi (anche se di oggettivo non c’è proprio nulla nella vita, poiché ognuno di voi vede la sua versione dei fatti, ma questa è un’altra storia). Perché parlano alle nostre paure, sanno colpire dove fa più male, portandoci all’immobilità, tipo opossum che si finge morto.
Talvolta le paure sono echi di voci lontane, di qualcuno di importante, di qualcuno che in passato ci ha detto che per le lingue noi non siamo portati e quindi, che mi ci metto a fare ora.
Allora che fare?
(Attenzione il proseguimento della lettura prevede l’utilizzo di oggetti per la cura e il benessere della persona).
Di fronte ad un blocco, innanzitutto chiedersi a quale di questi tre siamo di fronte: vincolo, ostacolo o gabbia? E non barate, non sempre sono vincoli, sii onest@ con te stess@. Spesso è roba nostra, perché il cambiamento ci spaventa e preferiamo rimanere nel caldo abbraccio del fango in cui siamo immersi (leggasi comfort zone, che a volte di confortevole non ha proprio nulla).
Ma qui arriva il momento dell’esercizio:
Prendi un bel foglio di carta igienica.
Scrivi il problema con la penna stilografica.
Chiediti a quale delle 3 categorie appartieni.
Una volta capito di fronte a quale tipo di problema sei, chiediti che cosa è effettivamente il problema, chi ne è coinvolto, dove esso si verifica, quando appare, come funziona.
Metti tutto per iscritto. La fase di definizione del problema viene spesso saltata in tronco, anche in azienda, quando invece è fondamentale, altrimenti si rischia di cercare soluzioni per un problema che in realtà non esiste.
Quando si descrive in maniera empirica la situazione in cui si è bloccati, è più semplice guardarla da prospettive diverse. Si potrà ad esempio vedere che l’ostacolo sta nel come o nel chi e non nella situazione nel suo complesso. Inoltre, così facendo, si potrà frazionare il problema in diverse sottoclassi, alle quali sarà più semplice trovare una soluzione.
Ora, sullo stesso rotolo di carta, ipotizza le diverse soluzioni possibili, senza censura, lasciando scorrere la penna. Non temere, scrivi ciò che ti viene in mente.
Una volta che non emerge più nulla, fermati e rileggi tutto. Ci saranno delle c… pazzesche, ma anche delle soluzioni che avevate davanti agli occhi senza vederle. E nella peggiore delle ipotesi, potete sempre chiedere una mano a qualcuno, che da fuori è sempre tutto più facile. Ti basterà dire: “Houston, abbiamo un problema” e preparare molto caffè.
Non rimanere senza carta igienica mi raccomando!
🌈 MeditaZone
Ragalaci un massimo rendimento lasciandoci un cuore bello bello ❤
Ogni volta che condividerai la nostra Newsletter noi toglieremo un manager dalla sleep zone per infilarlo dentro la coffee zone!
Seguici sull’ Instagram e poi Linkedin.
Addio.
Emanuele e Michele
Bellissima nueroletter! E pensare che sono proprio i vincoli il bello della vita, altrimenti che gusto ci sarebbe se potessimo fare tutto quello che ci pare?