Il mondo sta cambiando sempre più velocemente, la TV ha atteso almeno 30 anni per concentrare l’80% dei propri sforzi a creare contenuti “specchio” e di solo intrattenimento di basso livello. Facebook ci ha messo meno di 5 anni. Certo, i 2 mezzi (TV e FB) stanno stretti tra le parentesi. Di fatto però, l’audience si è trasformata in target e il palinsesto in feed, ma quel contenuto decadente andante rimane. Certo che almeno la programmazione televisiva é scelta da pochi… i contenuti condivisi in FB sono scelti dai nostri amici - DAMN!
Il mondo sta cambiando sempre più velocemente, è un dato di fatto a prescindere che ci piaccia o meno. Spesso diamo la colpa o il merito alla pandemia, ma con un filo di ricerca a ritroso, scopriamo che il covid è un’altra storia di un altro libro.
Già nel 1987, Burt Nanus e Warren Bennis, parlavano di modello V.U.C.A. (Volatility, Uncertainty, Complexity & Ambiguity), un framework concettuale per aiutare i leader ad adattarsi attraverso cambiamenti organizzativi e strategici di quell’epoca. Era il 1987, qualcuno di noi stava nascendo, altri guardavano Holly e Benji, altri prendevano bonus e compravano appartamenti. Il benessere andava a ruota alta e la “Lira” sapeva sempre di nuovo nei portafogli.
Poi è arrivata la globalizzazione (compriamo, mangiamo, vestiamo le stesse cose) e internet (tutti con le stesse cose senza spostarci da casa) e i social (tutti le stesse cose condivise sotto forma di foto e video) e l’AI (eh, questa è complicata, lasciamo rispondere a Michele di Futuro Fortissimo, che ha un’interpretazione sottile sottile).
Ciao, siamo Emanuele e Michele, e questo è il nostro puzzle di consapevolezza chiamato Entusiasmo Radicale. Siamo nel 2023, in Italia, dove tecnologia, cultura, economia e geopolitica si intrecciano in una sagra botticelliana, sottomessa dal solito sciacallaggio prosaico del bel paese.
Insomma, il cambiamento è un processo continuo, già nato e mai morto, e il detto “una volta si stava meglio” è una cagata pazzesca, per chi non vuole affrontare il cambiamento… di petto. Anche quella storia del “bicchiere mezzo pieno o vuoto” non vale niente, perché di fatto il bicchiere é sempre lo stesso, e va affrontato.
Lo racconta bene Pietro Trabucchi, autore dei libri “Perseverare è umano” e “Resisto Dunque Sono”: «Le persone non sono stressate dagli eventi in sé, ma dal modo in cui li interpretano», nel senso che le persone non sono vittime passive degli eventi stressanti. Reagiamo alle difficoltà (e ci stressiamo) solo in base a come le “leggiamo” e a come “leggiamo” le nostre capacità di farvi fronte, quella che ci fa vedere lo stesso bicchiere mezzo pieno piuttosto che mezzo vuoto».
Questo vuol dire che se ci corazziamo con la forza mentale di guardare ogni problema dal lato giusto, esso stesso si abbassa di intensità, e ci viene molto più semplice gestirlo e risolverlo.
Sempre secondo Trabucchi, il nuovo mindset per affrontare questa rivoluzione, è una presa di consapevolezza più individuale che collettiva, una capacità più psicologica interiore che organizzativa esterna.
1 - Resistere all’incertezza (con la creatività, aggiunge Rita Marizza).
2 - Pensare in modo autonomo (evitando di essere manipolati).
3 - Saper frenare l’impulso, la distrazione e la ricerca di gratificazioni immediate. Cioè, sapersi autoregolare e non cadere nella tentazione di una società che ci tira continuamente dalla giacchetta per farci perdere l’attenzione e l’autocontrollo.
Ci piace, crediamo moltissimo che le persone, manager e non manager, debbano fare un cambio di mentalità da sole, prima di avere dei rapporti sani e belli con gli altri.
Nel turbine del cambiamento non possiamo più nasconderci dietro agli altri, e correre dietro ai guru infallibili che ci dicono quello che vogliamo sentirci dire, senza chiederci se è giusto per noi, se va bene a noi e senza forzare l’ auto-consapevolezza verso noi stessi.
I leader di noi stessi siamo solo noi stessi. Nessun altro.
Ultima paranoia di oggi: troviamo che questa sia una sfida disciolta in un incredibile paradosso (che bisogna conoscere e ricordare per evitare di caderci dentro), dove da una parte abbiamo una società sempre più liquida e incerta, che richiede tempi lunghi per raggiungere qualsiasi obiettivo (figli, carriera, successo, benessere), e dall’altra i continui input (social in primis, ma non solo) che ci pingano su veloci e immediate gratificazioni (tutto subito, tutto facile, tutti bravi, tutti leader col 🍑 degli altri).
Che ansia, era pure una mattinata tranquilla dopo le sbornie dell’ 1 Maggio, ma la consapevolezza parte dall’ansia di riconoscere una condizione che non sempre ci piace, e soprattutto, arriva quando meno te l’aspetti (sta stro…).
E’ il momento peggiore per chiederti di iscriverti a questo sproloquio, che forse qualcuno ti ha per sbaglio condiviso, ma non ci nascondiamo dietro a futili storie e facce da gattini pelosi, se davvero vuoi farti del bene male, fallo ♥ come si deve e con consapevolezza!
AAA AUTO CONSAPEVOLEZZA CERCASI
Tasha Eurich definisce la self-awareness una combinazione di due fattori: L'auto-consapevolezza interna, che si concentra su quanto chiaramente percepiamo i nostri valori, le nostre passioni e aspirazioni e il nostro impatto sugli altri. E parallelamente, l'auto-consapevolezza esterna, ovvero la nostra comprensione di come le altre persone vedono noi.
“... i manager devono lavorare attivamente sia per vedere chiaramente se stessi, sia per ottenere riscontri atti a capire come sono visti dagli altri.”
L’auto-riflessione va però indirizzata nel modo giusto, ad esempio, invece di concentrarti sul perché hai fatto qualcosa (fino ad auto-colpevolizzarci e morire di frustrazione), pensa a cosa puoi fare in modo diverso la prossima volta, di che tipo di supporto hai bisogno per migliorare, di quanto gli altri hanno un’idea falsata di te e che, in qualche modo, dovrai cambiare se davvero importante.
Quando abbiamo chiesto a Eva Martini di parlare dei manager, lei era nella giornata storta, e ci ha risposto così…
I manager digitali sono dei moooooooooooostri.
Il/la manager digitale è un mostro, una figura mitologica per metà Sheldon Cooper e per metà Maria Montessori. Deve infatti essere dotatə di competenze tecniche che Stephen Hawking spostati, conoscere linguaggi di programmazione, trucchetti per imbrogliare l’algoritmo di Google e magie per rendere virale un reel totalmente inutile. Contemporaneamente, però, deve essere abile comunicatore/trice, negoziatore/trice espertə, pianificatore/trice puntuale. Deve saper far crescere i suoi collaboratori, farli fiorire sotto le sue mani sapienti.
Ma sai da cosa deriva la parola manager? Deriva dal verbo italiano (passando per il francese) maneggiare, inteso proprio come il lavoro che si fa al maneggio, di mettere le briglie ai cavalli. Cosa succede, però, quando i collaboratori non hanno proprio tutto questo desiderio di fargli imbrigliare e frustare?
Succede che il manager si tramuta in un altro tipo di mostro, che Jurgen Appelo ha chiamato Martie, the Management 3.0 Monster. Martie ricorda la forma di un albero, ma al posto dei rami ha 5 tentacoli, sui quali sono posti grandi occhi tondi, per un totale di 6 occhi. Questi 6 occhi rappresentano i 6 ambiti su cui un manager deve mettere la sua attenzione:
ENERGIZE PEOPLE: mantenere le persone attive, creativamente coinvolte e motivate
EMPOWER TEAMS: i team devono organizzarsi in maniera autonoma e auto dirigersi, ma per fare questo l’ambiente deve ispirare fiducia, per persone devono sentirsi libere di agire, trovare la giusta misura tra struttura e caos
ALIGN CONSTRAINTS: dare obiettivi chiari, uno scopo evidente, ma riconoscere anche limiti e vincoli
DEVELOP COMPETENCE: I manager devono assicurarsi che tutti abbiano le competenze per raggiungere il successo, se così non fosse devono attivarsi per fornire l’adeguata formazione
GROW STRUCTURE: per nutrire la struttura è importante incoraggiare le azioni che potenziano la comunicazione interna
IMPROVE EVERYTHING: il miglioramento continuo è l’humus, la base, il terreno su cui cresce tutto il resto, e richiede la possibilità di sperimentare e commettere piccoli errori calcolati
Come puoi ben vedere, sono tutte azioni volte al team, all’organizzazione, alla crescita di tutti. Nulla ha a che vedere con una corsa spasmodica verso una carriera individuale (che invece dovrebbe essere una conseguenza di aver messo in atto i punti qui sopra).
Come sempre, in questa NL ti invitiamo a sfidare lo status quo, a cambiare le regole del gioco, a misurarti con nuovi comportamenti. Puoi scegliere di ispirarti a Carletto il principe dei mostri oppure a Martie e optare per uno di quei 6 punti. Scegline uno e sperimenta. Poi facci sapere come è andato il tuo atto radicale!
Da oggi siamo i leader di noi stessi e basta.
Resistiamo all’incertezza (anche con la creatività), ce ne sbattiamo di gratificazioni immediate, solo perché gli altri sui social sembrano “arrivati” prima di noi. Dobbiamo ricordarci che i veri “leader-guru” dei social, utilizzano questi strumenti come touchpoint di arrivo e di amplificazione per percorsi già iniziati molto prima da altre parti. Non bisogna confondere o invertire questo paradigma. La conoscenza specifica di un determinato argomento non parte dai social.
Ricordiamoci che “una volta si stava meglio” è da sfigati e che il “bicchiere mezzo vuoto”, è vuoto perché dobbiamo imparare a riempirlo noi.
Diventiamo dei manager belli e mostri.
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Alla prossima
Emanuele & Michele
Belli spunti! Grazie anche per la menzione, amici!