Quando mentre parli qualcuno ti dice: “hai il microfono spento!”. O tutte le volte che chiedi: “vedete il mio schermo?” Oppure quando senza accorgertene stai facendo altre 3 cose contemporaneamente. E un attimo dopo ti arriva la domanda: “tu cosa ne pensi?!” 😵💫
E quando ti entra chiunque parlando ad alta voce e con tono folle come se fossi sul divano a guardare i Ghostbusters? Vogliamo parlarne?
Ma quante videocall folli avrai oggi? Centinaia, migliaia.
Le certezze della vita e dove trovarle confermano che i motivi per fare riunioni non cambiano mai: brainstorming, soluzione problemi, allineamento progetti, drammi nucleari. I tempi si, quelli cambiano. I canali cambiano. I mercati, anche quelli cambiano. Anche il mondo del lavoro non è più lo stesso, ma alcune pessime abitudini rimangono.
Di alcune di queste ne parliamo oggi!
Ciao, siamo Emanuele e Michele, questa è Entusiasmo Radicale, la nevrosi editoriale battuta a martello su tastiera ogni 2 mercoledì da leoni. Qui dentro, senza alcun mistero dell’epica e a discapito della narrazione accademica, trovi osservazioni smaliziate con 1 solo obiettivo: lavorare meno e meglio.
“Meetings aren't work - meetings are places to go talk about things you're supposed to be doing later."
La frase sopra è di Jason Fried, autore freschissimo di REWORK (2010) e fondatore di Basecamp (uno dei tool di project management più utilizzati al mondo). 12 anni fa in un TED spiegava come il tempo passato in ufficio era tempo perso, per via delle distrazioni continue da colleghi, capi ecc. Così finivi a non combinare niente per tutta la giornata. Questa frammentazione del lavoro andava ad interrompere il FLOW.
Quando ti immergi nel flow (o deep work), il tempo passa velocemente, le task scompaiono, arrivi a sera e ti godi la birra fresca.
Il flow non è solo un momento zen rubato all’agricoltura, ma un profondo e rigenerante mindset di cui necessitiamo anche nel lavoro.
Secondo Jason, il problema era in gran parte causato dai manager, che ci coinvolgevano in riunioni (senza preavviso), spostando di fatto il lavoro concreto in un tempo successivo e i momenti successivi si moltiplicavano, infiniti.
Era tutto tempo perso in quell’ufficio. E forse lo è ancora in molti uffici…
Domandona ai fini statistici promossa dall’INPS:
Oggi, nell’era delle videocall, nessun manager, nessun collega o cliente ti inviterebbe ad una call senza preavviso su altri canali (salvo piccole eccezioni), tanto meno ti entrerebbe in casa senza bussare per coinvolgerti in un suo personalissimo attacco di ansia. Potrebbe farlo, certo, e magari lo fa, ma a differenza di prima siamo nella condizione di difenderci dileguandoci… e non aprendo la porta se possibile.
Lavorando in remoto possiamo rispondere alle e-mail con maggiore delay, silenziare i canali di messaging, fingerci semi deceduti per qualche ora, entrando nel flow ed evitando distrazioni. Se non quelle di aprire al postino che suona 2 volte, Bartolini, o il gatto che ci entra in call a zampa tesa e altre simpatiche avventure descritte in apertura.
Nasce così la nuova giornata lavorativa di 28 ore, senza cartellino, al servizio del ricevimento raccomandata dalle poste.
Accompagnati dal superbo galateo del collega che ci scrive: “dimmi quando ti posso chiamare”. Noi, belli come il sole che non esce di casa, in una routine mattutina, ci specchiamo nella cam della prima call, anziché allo specchio del bagno.
Noi, pensavamo di lavorare meno e invece…. lavoriamo anche meglio ma senza contare le ore che ci mancano per finire.
Piace o non piace (il lavoro da remoto e simili), qui il problema è principalmente un altro, o sempre lo stesso che ritorna.
Un indagine di Microsoft riporta come un quarto degli utenti più attivi sulle sue app trascorra almeno 7,5 ore partecipando a riunioni (ovviamente sono di più se consideriamo i canali fuori da microsoft). Un lavoro nel lavoro che porta milioni di persone ad avere la sensazione di essere continuamente interrotte nella propria attività.
Il 68% degli intervistati spiega di soffrire la mancanza di tempo da dedicare al 100% al lavoro senza distrazioni, per via delle continue videocall.
Noooo, siamo tornati al problema di Jason di 12 anni fa. Dopo una pandemia, nuove forme di lavoro, nuovi orizzonti filosofici geografici. Siamo ancora li, a buttare via tempo che potremmo utilizzare per altro. Portando i meeting online a diventare una causa ingombrante di tempo perso quotidiano.
Pensa a quante volte ci siamo trovati in quelle riunioni che dopo 15 minuti ci hanno provocato un'irritazione degna dei peggiori dubbi sulla vita e sul lavoro che abbiamo scelto.
Bye bye deep work, bye bye passeggiata, bye bye alle 18:00 stacco e ti raggiungo.
Perché succede questo?
Forse succede perché organizzare una videocall è facile e veloce (come quando il capo ti interrompeva per la sua ansia), o forse chi ha organizzato la videocall non si è posto la domanda cruciale: “ha davvero senso fare questa ennesima riunione?”. Forse si poteva riassumere tutto in una mail ben strutturata, una telefonata di 10 minuti o una passeggiata all'aria aperta?
Di fatto, le videocall sono troppe e spesso con troppe persone, e i manager digitali hanno la grande responsabilità, ma non tutta. Fra tanti aspetti più generici - time management in primis - da tenere in considerazione, c’è il tema dell’improduttività che esse stesse generano, portando di conseguenza ad altre riunioni… e altre ancora.
Quali sono i fattori che rendono inutile un meeting?
La distrazione del multitasking alias ascolto attivo » Per chi partecipa.
Alzi la mano chi durante una riunione non si è mai distratto facendo altro. Magari ti sei distratt@ perché non ti riguardava l’argomento, allora il problema è di chi l’ha organizzata, che ti ha infilato dentro (per una personalissima ansia).
La pianificazione serve » Per chi organizza.
Anche una riunione online va pianificata! Non ci sono scuse che tengano, bisogna fare l’ordine del giorno specificando i temi che si andranno a trattare.
La comunicazione efficace risolve una volta per tutte » Per chi organizza e per chi partecipa.
Bisogna imparare ad essere chiari, brevi e diretti. Parlare meno ed essere efficaci diventa fondamentale, soprattutto se comunichi tramite uno schermo. Quest’ultimo non in ottimi rapporti con la comunicazione non verbale (gestualità, prossemica, mimica facciale) che invece avresti dal vivo.
Soluzioni concrete » Per chi organizza.
Bisogna chiudere con una sintesi (anche via mail) di quanto è emerso e i to do per tutti. Ognuno, quando esce dal meeting deve sapere in modo chiaro quello che deve fare nella vita.
Rifiutare con eleganza » Per chi partecipa.
Si può discutere, argomentando con la professionalità e il sorriso, la tua inutilità a quella call. Se chi organizza è intelligente lo capirà, se non lo capisce è un suo problema e non il tuo. Il tempo risparmiato invece è il tuo, ed è più importante.
Pochi, severi ma giusti » Per chi organizza.
Se tutto funziona, si farà una call e ogni partecipante smisterà le info operative agli altri, sul resto dei 200 strumenti a disposizione, come la mail.
Magari se Fantozzi avesse seguito i nostri consigli…
Secondo Eva Martini è tutta una questione di F(U)OCUS
Focalizzare il team e strutturare la conversazione che porteremo in riunione aiuta a spendere meno tempo, rendere le riunioni meno noiose e più utili. Per fare questo però, la persona che ha richiesto la riunione e che la deve gestire, deve avere molto chiaro qual è lo scopo, qual è l’output, dove deve arrivare, chi serve davvero invitare. E i partecipanti, citando Peter Drucker, devono chiedersi “Che cosa posso portare come contributo?”.
Di strumenti che ci possono aiutare in questo ce ne sono a bizzeffe, ma vi propongo la TAM, Team Alignment Map, che può essere usata proprio per mantenere concrete le riunioni.
Un po' di sane regole:
La riunione deve avere una durata prefissata (es. 60 minuti) che va rispettata
L’ordine del giorno va condiviso prima
Si discutono gli argomenti presenti nell’ODG (e non altri)
La TAM si basa su 4 pilastri:
OBIETTIVI COMUNI: che cosa vogliamo raggiungere insieme
IMPEGNI COMUNI: chi fa cosa e con chi
RISORSE COMUNI: di quali risorse abbiamo bisogno
RISCHI COMUNI: che cosa può impedirci di farcela
Alla base di questi pilasti ci sono due elementi fondamentali:
MISSION dà significato e contesto, spiegando lo scopo della riunione - qual è la sfida? Che cosa vogliamo creare / migliorare?
PERIODO fissa una scadenza specifica in cui va fatto tutto - per quanto? Fino a quando? Entro quando?
E siccome non viviamo nel mondo delle favole, in cui le principesse gorgheggiando in un bosco guidano uccelli, scoiattoli e cervi che svolgono tutte le mansioni nel tempo di una canzone senza lamentarsi e senza sbagliare, nella TAM sono previsti anche gli imprevisti. Si chiamano “indicatori di passi indietro”.
Bella domanda alla quale non sappiamo rispondere:
L’AI renderà le videocall più efficaci e meno numerose?
Il mondo sta cambiando… in meglio. Nuovi modelli di lavoro ci hanno reso e ci renderanno sempre più ricchi (di libertà) e poveri di soldi. Ma anche più responsabili del nostro tempo e quello delle persone con la quale lavoriamo. Possiamo, con una buona attenzione, non (ri)cadere nelle brutte abitudini e nei vecchi vortici di tempo sprecato in cose inutili (o utili solo per pochi).
E che tutto tempo guadagnato sia, per noi, per le nostre vite e per le nostre carriere lavorative, e saremo noi a sceglierlo.
Grazie di essere arrivat@ fino infondo in questo Entusiasmo Radicale lungo come la peggiore delle videocall. ❤️
Alla prossima,
Emanuele e Michele
Dal video finale mi sono detto quanto sia figa la suoneria di Discord, e quasi quasi per sentirla più spesso, vorrei essere inefficiente con le videocall @:-)
Poscritto: Quando organizzavo VideoCall con musica di intro e fine, il tempo passava meglio e tutto sembrava essere solo una piccola parentesi del work flow.