Esistono idee che si radicano in modo inconsapevole in noi perché “respirate” fin dalla nascita, quotidianamente, in maniera spesso indiretta e pertanto non percepibile. Questi sono gli immaginari collettivi e la figura del manager di oggi vive in un immaginario collettivo (dannoso) ormai scollato dalla realtà in cui nuotiamo.
L’uovo in camicia che non deve chiedere mai… sguardo fermo (come nella foto) anche quando lo vedi dal vivo, sorriso a cravatta, auto aziendale uso promiscuo, cellulare (chiamato cellulare) e bonus. Immaginari facilmente denunciati da manager che si auto-verseggiano su LinkedIn con argomenti sulle pari opportunità e poi alla macchinetta del caffè ti dicono: “fra uomini ci capiamo meglio”.
Ciao caro, ciao cara, siamo Emanuele Caccamo e Michele Vaccarotto e questa è Entusiasmo Radicale n°20, la newsletter bonus symbol per manager che chiedono, sempre, fino a quando non hanno risposte, che ottengono, sempre. Tu ti riconosci vero? Non avevamo dubbi fosse un durissimo SIIII.
L’Italia (tanta Europa inclusa) continua a vivere un managerial gap importante nei confronti di modelli manageriali più avanzati come gli Stati Uniti. Studiamo negli stessi libri e prendiamo spunti dagli stessi management intellectuals, ma questo ancora non basta.
Nei settori che puntano sulla conoscenza applicata e nuove tecnologie (come internet, ricerca farmaceutica o biotecnologie) gli USA hanno creato nuovissimi modelli manageriali nuovi e dominanti (Apple, Netflix, Google).
Noi continuiamo ad importare (oltre che esportare cervelli negli USA stessi) in modo sterile modelli manageriali dove coesistono attenzione alle “relazioni umane” (ricordiamoci che da noi si parla seriamente di “relazioni umane nel lavoro“ da qualche anno… ) in contesti organizzativi orizzontali con pochi livelli gerarchici, autonomia e flessibilità; calandoli in sistemi nostrani conditi di management deboli, sessisti e micro-manageriali (nel piccolo) e di stampo politico nelle grandi organizzazioni.
Il tema qui è tutto di management senza togliere “qualità” italiane che nel mondo ci riconoscono come uniche e assolute.
Però, il tema è caldo e il Quiz nasce spontaneo: cambieremo questo scenario manageriale noi tutti con il naturale cambio di generazioni maggiormente consapevoli?
Il coaching è una sana abitudine per Manager
Michael Bungay Stanier nel libro "The Coaching Habit: Say Less, Ask More & Change the Way You Lead Forever" ci mette 7 domande che permettono ad ognuno di noi di "fare coaching" con i ritmi di oggi.
Giulia Sirtori ha fatto una sintesi adeguata. Il libro non è per coach ma per manager.
Lo vuoi? Scrivici e ti mandiamo una copia.
PS: tu che ci scrivi tutte le volte perché vuoi i libri che citiamo anche quando non abbiamo copie gratuite sappi che non te lo mandiamo 🤪
Manager che non sanno di esserlo…
Succede che molti manager digitali non si sentono tali (manager) proprio perché non si riconoscono in questo immaginario collettivo del manager macho man e se le skills professionali sicuramente non mancano - visto che spesso il manager arriva da un ruolo "operativo" esecutivo - a fare le spese di questa inconsapevolezza del ruolo sono proprio l'attenzione che queste persone dedicano allo studio/apprendimento delle attitudini trasversali dolcificate...
La domanda nasce spontanea e muore subito: come facciamo a lavorare sulle attitudini se non abbiamo capito che fanno parte del nostro lavoro?
Oggi abbiamo il manager che non sa di esserlo😭, ma l’importante è non cadere nell’effetto Dunning Kruger, lo scemo che non sa di esserlo, un pregiudizio cognitivo che porta le persone con meno abilità e conoscenze a pensare di saperne di più degli altri. Meno sanno, più pensano di sapere. La storia di com’è stato scoperto fa tanto ridere!
La curva descritta di Ernesto Amato spiega bene l’effetto.
Se non sei iscritto iscriviti, se non lo fai fallo e se lo hai fatto allora disiscriviti e riiscriviti sfacciatamente perché ti vogliamo bene…
In questo mondo del lavoro con la tuttologia per tutto, un bias per ogni desiderio, un dato per ogni dubbio e un anestetico per ogni pensiero, tu:
Quanto ti Senti Manager?
Ci sono dei segnali sublimi che ci mettono in guardia sull’essere o non essere manager? Secondo noi ci sono almeno 4 cose che dimostrano definitivamente che non abbiamo vie d’uscita (e neanche i bonus):
Ti mettono in cc nelle mail almeno 5 volte al giorno.
Finisci in riunioni inutili almeno 1 volta al giorno.
In un meeting ad un certo punto tutti stanno in silenzio… è il momento che devi parlare tu.
Ricevi spesso whatsapp che hanno queste 2 parole dentro: “devo parlarti”
Se almeno un paio di queste sono vere, allora bienvenidos all’inferno.
Ok, al netto che sei manager più (o meno) convint@ di prima, adesso il livello di consapevolezza sale, e quando sale troppo noi andiamo da Eva Martini:
Quella Maledetta Consapevolezza!
I manager digitali mi ricordano per certi versi i prigionieri del Mito della Caverna di Platone, raccontato ne “La Repubblica”. Alcuni prigionieri sono stati incatenati fin dalla nascita nelle profondità di una caverna. Corpo, testa e collo sono bloccati, in modo che loro possano fissare solo il muro dinanzi a loro (in cui non è appesa una TV al plasma con Netflix). Alle loro spalle è acceso un enorme fuoco. Alcuni uomini portano modellini e manichini con le forme di vari oggetti, piante, animali e persone, proiettandone le ombre sul muro. Mentre un personaggio esterno avrebbe un'idea completa della situazione, i prigionieri, incatenanti fin dall’infanzia, interpreterebbero le ombre come cose reali.
Cosa succederebbe però se uno dei prigionieri venisse liberato? All’inizio non capirebbe se ciò che vede sia più reale di quanto creduto finora. Uscendo dalla caverna, rimarrebbe accecato dal sole e solo con il passare del tempo, non senza provare dolore, abituerebbe gli occhi e potrebbe iniziare a scorgere la bellezza intorno a lui. Senza dubbio poi, vorrebbe tornare nella caverna per liberare i suoi compagni, felice del cambiamento e avendo pietà di loro. Ma loro vorrebbero essere liberati? Sarebbero disposti patire quel dolore, a fronte di una bellezza che non conoscono?
Diventare manager consapevoli quindi non è un semplice passaggio ON/OFF, è una transizione, un’evoluzione stile Pokemon, che comporta uscire dal proprio guscio, disimparare alcune abitudini e impararne altre, studiare, osservare e mettere in pratica (sbagliando, possibilmente spesso e in maniera intelligente).
Un buon modo di prendere consapevolezza è chiedere agli altri, a coloro che ci vedono in azione: i miei pari, i miei collaboratori, i miei responsabili. Come? Un metodo facile facile, a costo zero e a bassa emissione di CO2 è chiedere: “mi dici 3 cose in cui secondo te sono brav* e 3 cose in cui devo migliorare?”. Specificheremo nelle istruzioni che non ci interessa in questo momento mappare le competenze tecniche, ma i comportamenti. Chiedetelo ad almeno 6 persone (meglio se 10): avrete così un feedback completo,
E voilà, una bella botta di consapevolezza e qualche indicazione sul punto di partenza! So cosa stai pensando: ma cosa penseranno di me? E se poi mi scrivono che sono brutt* e cattiv*? Ci vuole un po' di coraggio per uscire dalla caverna. Tu ce l’hai?
Condividi la nostra consapevolezza, lascia un cuore ❤️ senza pregiudizi cognitivi e noi ti regaleremo dei drink in fuga al chiringuito con altri amici cervelli.
Buona giornata
Emanuele & Michele