Fiorellini, uccellini, aperitivi.
Finalmente il bioritmo è tornato legale, gli occhi si riempiono di tarda luce, le finestre si aprono, i fiori si impollinano, le allergie dilagano e le zanzare si pianificano.
La primavera è la stagione “dell'ottimismo cosmico” diceva Albert Camus, o la stagione dell’amore diceva invece il Maestro, Franco Battiato.
C’è sempre tanto romanticismo, introspezione e filosofia nella primavera, ma c’è anche tanta scia chimica che convalida questo improvviso risveglio dei sensi. Il sole genera energia ai pannelli solari e serotonina al nostro cervello, un neurotrasmettitore associato all’umore, quello bello. Hai sonno e voglia di non fare un… La melatonina viene meno, la dopamina batte in testa. Dove vai in ferie? Birretta stasera? Gelato?
Buongiorno primavera,
siamo Emanuele e Michele, e questa è Entusiasmo Radicale nella sua stagione del fiore, un mix di aromi editoriali per gente a maniche corte e pantalone di lino bianco.
Per chi non ci conosce, Benvenut@, anche oggi proveremo a “smontare” delicatamente alcune narrazioni comuni che ci appesantiscono la vita, e che forse non hanno più senso di esistere.
Parliamo di una componente, talvolta ignorata, che si nota sempre meno tra le catene di montaggio digitali. Questa antica pratica l’abbiamo chiamata amore, fatta di alta intensità, passione e grinta che ci mettiamo ogni giorno nel nostro lavoro.
Nella fattispecie, ci siamo chiesti se forse la nuova vita inflazionata, i social aumentati, i soldi finiti, uniti al benessere diffuso, libertà e crescenti comodity tecnologiche, abbiano in qualche modo ridotto il nostro amore per ciò che facciamo?
Non è che stiamo diventando tutti più stronzi?
Non è che stiamo diventando tutti più stronzi?
Non è che stiamo diventando tutti più stronzi?
Non è che stiamo diventando tutti più stronzi?
Senza cadere nel vano nichilismo alla Galimberti, appare chiaro come vecchie e nuove generazioni, di tutti i ruoli, si allineano in questo mindset.
E noi possiamo continuare a parlare di leadership, intelligenza emotiva e yoga acrobatico, ma se ci manca l’amore per quello che facciamo dove andiamo…?
E’ veramente importante? Si, innamorarci di quello che facciamo non è una scelta opzionale ma un aspetto fondamentale, se abbiamo l’obiettivo di andare verso felicità e soddisfazione lavorativa.
Forse “Innamorarsi, eccome!” era quella newsletter che dovevi skippare. Ma siccome è primavera, ti stai concedendo qualche “perdita” di tempo in più rispetto al normale sfarfallio quotidiano della tua tastiera.
Dai dillo. Dillo! Puoi urlare se vuoi:
NON HO PIU’ VOGLIA DI LAVORAREEEEEEE!!!!
Sappi che la scarsa voglia di lavorare non è indicativa di scarso innamoramento verso quello che fai. Come puoi anche essere follemente innamorat@ del tuo cane, ma non per questo dovresti aver voglia di portarlo a spasso 3 volte al giorno. Metteresti mai in dubbio l’amore che provi?
Ma cosa ne sappiamo noi dell’amore?
Ogni amore è unico e irripetibile, ogni amore è di chi lo vive e basta, che sia per un’altra persona, un lavoro, un animaletto peloso.
Per questo motivo, al netto di ogni provocazione, possiamo dire che ognuno di noi si “innamora” del proprio lavoro in modo e intensità diversa da un altro.
Questo per chiarire che quando diciamo ”innamorarsi di quello che facciamo”, ciò che intendiamo non è tanto quel sentimento struggente alla Di Caprio e kate winslet, ma quel desiderio di vivere affondo l’esperienza, con impegno e dedizione costante, con la grinta di chi ci tiene davvero a portare a termine qualcosa. E ancora, con la generosità e buona predisposizione verso gli altri.
Hai presente quel (o quella) collega perennemente scazzat@, con poca voglia di impegnarsi, di approfondire. Che se succede un problema lo affronta con la stessa intensità di chi prende il numerino e si mette in coda alle poste? Ecco, questo atteggiamento non è la primavera, è gente senza amore in ogni stagione.
Quanti ne conosci? E tu?
I 4 elementi struggenti
Finalmente oggi ti sveliamo 4 elementi di successo (+ bonus finale con il vincitore del premio “Grinta Assoluta”) per trovare (o ritrovare) l’amore e la grinta verso il lavoro quotidiano, e diventare talmente felice che non vorrai neanche raggiungere la ricchezza, perché non te fregherà nienteee!!! Se invece, persegui solo la ricchezza senza alcuna narrazione romantica, allora devi andare subito a leggere I 3 BitBias per Diventare Ricchi.
1 - (Non troppa) Passione - 20%
La passione è il primo elefante nella stanza, spesso gli diamo più importanza di quanto realmente meriti. Passione è quando hai la certezza che stai facendo qualcosa che davvero è importante per te e che ti rende orgoglios@ e soprattutto felice e gratificat@. Ma non sempre corrisponde a una busta paga. E soprattutto, quando corrisponde, lo è per il massimo nel 20% del tutto.
Quindi lavorare solo per la passione e con la passione è impossibile, utopico e persino dannoso. Lavorare rimane un mix di più cose. E la passione ci può stare dentro il lavoro, in quella circa percentuale. Ma non troppo alta, perché sbilancerebbe il focus alla ricerca di quel 20% lasciandosi affossare nel resto dei drammi.
Arrovellarsi il cervello per inseguire una passione (cioè quel lato del 20% bello delle cose, che si vede spesso sui social a caso) rimane una scelta sbagliata a priori. Esiste invece un processo con passi specifici da compiere, che ti portano a individuare, testare e pianificare possibili soluzioni alternative, e mentre lo fai, capitalizzare le nuove consapevolezze che maturi. Un punto di arrivo quindi.
2 - La Competenza - 30%
Secondo Cal Newport, la risposta non dobbiamo cercarla nella sfera della passione, bensì in quella delle competenze. Nel libro “Così bravo che non potranno ignorarti”, Newport analizza la passione come fattore di innesco, semmai, nelle scelte lavorative iniziali.
Il suo punto di vista ribalta il paradigma: come possono le persone amare ciò che fanno? Semplicemente, facendolo bene. Non è questione di inseguire ciò che si ama sin dall'inizio, ma di innamorarsene gradualmente nel tempo. Anche qui, si tratta di nuove consapevolezze che si sviluppano con il passare del tempo. È un punto di arrivo, dunque.
3 - L’ Impatto (emotivo) - 25%
Newport parla anche di “impatto” che viene prodotto dal nostro lavoro e il controllo che abbiamo su come svolgere il compito che ci viene richiesto. Ma l’impatto qui deve essere più vero, più umano e personale.
Il lavoro è la nostra vita e buona parte di essa, già fa sempre strano ammetterlo. Essere assertivi e inibire i rapporti con gli altri e le emozioni che proviamo, non fa altro che farci passare molte ore al giorno in un ambiente ostile alla nostra natura, quella delle relazioni sociali. Ridere, piangere e anche lamentarsi aumenta la nostra “presenza” in un ambiente di lavoro, che diventa pian piano “casa”, o simili insomma.
4 - La Grinta - 25%
Nel suo libro “Grinta. Il potere della passione e della perseveranza” Angela Duckworth, racconta come la grinta sia un fattore cruciale per il successo in vari ambiti, superando spesso il talento naturale o l'intelligenza.
La grinta è seguire il proprio futuro, giorno dopo giorno, non solo per una settimana, non solo per un mese, ma per anni, e lavorare davvero sodo per rendere il futuro una realtà. Grinta è vivere la vita come una maratona, non come uno sprint.
Angela Duckworth
Ecco il 1° Classificato per il premio “Grinta Assoluta” per l’anno 2024.
Forse quella grinta struggente bisogna trovarla - o ritrovarla - nel tempo, fino a darci sempre più soddisfazioni in quello che facciamo. Se ci mettiamo tutto “noi stessi” al massimo in quella che gli studiosi chiamano “presenza” nel nostro lavoro, tutto ci appare più facile e divertente. Però dalle molte letture e approfondimenti capiamo che ci vuole il tempo per le cose, e anche la pazienza, altro aspetto carente sulla quale ci soffermeremo nelle prossime uscite. Ci vogliono anche i soldi comunque, non pensare che ci siamo rincoglioniti completamente...
Grazie di essssssere arrivat@ fin qui.
Buona primavera, amore… e soldi ❤️💰
Alla prossima
Emanuele Caccamo e Michele Vaccarotto