Ciao, siamo Emanuele e Michele, questa è la numero 26 di Entusiasmo Radicale, quel pezzetto di “qualsiasi cosa” che speriamo di lasciarti ogni volta che ci leggi.
Oggi parliamo dell’emotività, ma di quella che NON dobbiamo metterci nel lavoro, e forse anche nella vita. Se ci leggi da un pò, sai che non facciamo molta differenza tra il lavoro e la vita. Anzi, siamo proprio convinti che - rimanendo in tema di emozioni - se nasci stronz@ nella vita, difficilmente muori simpatic@ nel lavoro.
Se sei appena arrivat@ in questo lascito rigenerativo scompigliato. Iscriviti sotto, vai con lo stress.
Cominciamo!
Tensioni e conflitti sono una parte inevitabile della vita lavorativa. Da qui nascono quelle emozioni dannose come stress, ansia, rabbia, senso di insoddisfazione e paura. Come abbiamo spesso detto però, che anche mettendo in off tutte le emozioni, divenendo distaccati e freddi, incorriamo a difficoltà ben più grandi, generando allo stesso modo stress, rabbia, insoddisfazione e paura, con colleghi, clienti e team che gestiamo. Insomma, caldissimi non va bene, freddissimi non va bene. Come dobbiamo comportarci?
Mai sentito parlare di distacco emotivo? La resistenza a connettersi con altre persone a livello emotivo. Un meccanismo di difesa dalle persone che richiedono molta (troppa) della tua attenzione emotiva. Una pratica non sempre cercata e voluta, che trovi stampata nello stesso menu di pranzo di un tipico ristorante con vista mare, che costa sempre troppo caro, parliamo della profonda psicologia della mente. Qui, il distacco emotivo si genera in automatico a fronte di esperienze negative, traumi passati, manager autoritari che ti mettono l’ansia...
Insomma, il distacco emotivo più che un allontanamento è un equilibrio che va compreso e gestito.
Per regolare il distacco emotivo in modo corretto, è necessario conoscere e gestire le emozioni. Secondo Johnmarshall Reeve, le funzioni principali di un’emozione sono tre:
Adattiva (preparare il corpo ad agire),
Sociale (segnalare il nostro stato d'animo)
Motivazionale (perseguire un obiettivo),
Le emozioni motivazionali ci spingono ad avvicinarci a qualcosa, oppure ad arretrare di fronte ad essa. Non a caso ciò che ci appassiona ci risulta più facile da affrontare di ciò che temiamo. Tutte emozioni.
A partire dagli anni '70, si è iniziato a parlare di due cervelli, due diversi tipi di intelligenza: razionale ed emotiva, ovvero perdita di controllo sulla nostra parte razionale. Questa lotta fra logica e impulsi trova la sua sbronza colossale con nottata da urlo solo negli anni 90, quando, a ritmo della dance dell’epoca, un certo Goleman diffonde il concetto di intelligenza emotiva. Finalmente quoziente intellettivo ed emotività sono competenze da ritenersi separate ma non opposte: in ogni nostra azione, reazione o comportamento esse si fondono in un’unica totalità.
Tuttavia (sembrava facile) viviamo in un mondo che insegna ai bambini a nascondere le loro emozioni. Thomas Scheff, sociologo all’Università di California-Santa Barbara, dice che molte società occidentali vedono le emozioni come un capriccio o una distrazione, pertanto si insegna ad ignorarle o peggio ancora a nasconderle.
Non è una novità che siamo tutti cresciuti (e si continua ancora oggi) con:
NON PIANGERE, NON ARRABBIARTI, NON ESSERE ESUBERANTE, NON MANIFESTARE AZIONI SCOMODE, NON RESPIRARE TROPPO, NON RIDERE.
Dunque, sembra che le emozioni sono fiche ma non ce le vogliono insegnare, neanche a farcele riconoscere ed a manifestarle, figurati a gestirle. Pensa quanto sia facile, con queste premesse, crescere appagando il nostro desiderio naturale di auto-realizzazione (alias diventare leader di noi stessi).
Sempre Goleman, spiega che l’intelligenza emotiva negli ambienti di lavoro incide per circa il 67% delle competenze complessivamente richieste, contro un 33% appannaggio delle competenze tecniche e del tradizionale QI.
Con il 67%, tu chiamale se proprio vuoi emozioni, diceva - più o meno - Lucio Battisti.
In un momento come quello che viviamo… saper riconoscere e gestire le emozioni, diventa fondamentale per tenere il volante “dritto per dritto”, per non lasciarsi sopraffare da continui stimoli, scelte e problemi quotidiani da risolvere.
Questo vuol dire tenere il piede sull’acceleratore dell’auto-consapevolezza (ne abbiamo parlato nella scorsa NL), e regolarne l’intensità della pressione del pedale, rispetto alla strada da percorrere. Più la consapevolezza è alta e più abbiamo il controllo e la lucidità. Oltre al condurre una vita più serena e leggera variabile.
Dillo, stai pensando a quel tuo amico o amica, che se ne sbatte altamente le emocose… e tutto gli viene più facile?
Si, quel “sano distacco emotivo quotidiano” è proprio questo atteggiamento, e alcuni di noi ci sono portati per natura, più di altri. No droghe, no MBA, no ayahuasca (o forse si). Semplicemente a queste persone gli viene istintivo attivare un dosaggio del coinvolgimento emotivo, di conseguenza, sono meno appesantiti dai pensieri impazziti, e più lucidi nelle scelte che fanno. Però attenzione, ci sono emozioni che ci appartengono più di altre. Noi potremmo sbattercene dell’olio di colza uscito dal panino e finito sulla t-shirt, tu potresti fare le capriole di rabbia all’idea di sporcare la t-shirt. Ad ognuno la sua croce, diceva qualcuno.
Ed è li che casca tutto. Sono le emozioni importanti (per noi) che vanno controllate, perché quando siamo troppo coinvolti nelle nostre vicende, perdiamo la visione d’insieme, e facciamo scelte sbagliate.
Adesso, sei consapevole di essere qui, immerso nei peggiori momenti psicologici di questa newsletter? Non ti sei ancora iscritt@? E’ come essere a casa del tuo amico da mezz’ora e non avere in mano un the, una birra o un vino rosso o un the un vino rosso e una birra mischiati tutti insieme... Iscriviti e serviti pure di questo nostro spicchio d’aglio editoriale senza pudore alitoso.
Nel lavoro, il “sano distacco emotivo quotidiano” può essere una bella soluzione per non prolungare nel tempo le emozioni (rischiando di inficiare la lucidità delle scelte fatte). Insomma, bisognerà essere “presenti” ma non troppo, senza prendere le cose personalmente, facendo critiche costruttive senza sentirsi bloccati da sentimenti che si inseriscono (ES: non ti sopporto!!!!!!!!) e infine, saper negoziare. Mai facile ma si può fareeeeeee.
Vogliamo andare oltre?
Da dove partire per imparare a sbattercene serenamente…
Fatti una passeggiata camminando all’indietro, pensa e ripensa sul serio a cosa ti sta rendendo così emozionalmente coinvolt@. Sapere “come stai” è il primo passo verso la leggerezza che stimola il distacco. Numero 1: COME CA**O STO?
Non esistono emozioni giuste o sbagliate, e vanno tutte accettate senza giudicarle. Se senti paura nel lavoro, questa cosa non cambierà. Non parlarne per paura di essere giudicat@ non ti aiuterà. Dal momento che la paura rimane meglio essere egoisti e mettere in priorità la tua serenità. Numero 2: PRIORITÀ A ME STESSO/A
Le emozioni sono come un pacchetto di patatine, alcune piccole e inutili, altre grandi e gustose, altre bruciate. Se anziché mangiarle come uno squalo in fame chimica, guardando Zerocalcare su Netflix, cercassimo di gustarle tutte, godendoci il momento della patatina, “ascoltando” ogni patatina. Ecco, lo stesso momento sarebbe diverso e più appagante. Questo mindset ci porterebbe ad una maggiore consapevolezza. Numero 3: SCAMBIO EMOZIONI CON PATATINE!
La mindfulness pare funzioni tanto tantissimo. Ne sai qualcosa? Puoi aiutarci? Fallo e te ne saremo baci. Numero 4: MINDFULNESS
Emozioni Emozionali
“Emotions Drive People. People Drive Performance”, pazzesco, lo dice Joshua Freedman.
Si chiama “sindrome dell'impostore”, ed è la condizione in cui temi nel profondo di non essere all’altezza del tuo ruolo, di non portare vero valore. In cui ogni traguardo (un pubblico entusiasta) è in fondo una botta di fortuna. E ogni fallimento (feedback scarso) la conferma che… “non dovrei essere qui”. Ed è una tra le condizioni più diffuse e sottostimate che sta nella nostra categoria: conoscere per evitarle. Silvia Gazzotti ci spiega come uscirne subito.
Dove finiremmo se scavassimo un buco fino all'altra parte della Terra? Male, come al solito. Qui
Non abbiamo un editor e non lo vogliamo, spesso scriviamo male perché non sappiamo scrivere, non per una oculata scelta stilistica.
Abbiamo sempre tante cose da condividerti e questo è il nostro momento vulcanico per farlo, a peggiorare le cose ci si mette la logorrea calabrese di Emanuele e la dettaglianza veneta di Michele. Speriamo solo di lasciarti delle buone energie, come quando entri in un locale affollato, con musica alta, e vai fuori senza riuscire a parlare con i tuoi amici per il casino, ma con la sensazione di aver fatto una gran bella serata.
Buona giornata sognatori.
Alla prossima ❤️
Emanuele e Michele